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Bioetica, nasce il Gruppo di Lavoro Fnomceo - Siaarti

Fnomceo FNOMCeO | 18/05/2020 17:41

Anelli (Fnomceo): “Anestesisti-rianimatori hanno compito delicatissimo, a loro il nostro grazie e la nostra vicinanza”

Un Gruppo di lavoro congiunto tra la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, e la Siaarti, la Società italiana di Anestesia, Analgesia e Rianimazione. Ad istituirlo, il Comitato Centrale, l’organo di Governo, della Fnomceo, nella riunione di venerdì scorso. Obiettivo: discutere ed arrivare a posizioni condivise su tematiche professionali, deontologiche e bioetiche di comune interesse.

Ne faranno parte, per la Fnomceo, il Segretario Roberto Monaco, il Coordinatore della Consulta deontologica, Pierantonio Muzzetto, Marco Ioppi, presidente Omceo di Trento e componente della Consulta, Guido Marinoni, presidente Omceo di Bergamo e componente del Comitato Centrale, Claudio Buccelli, presidente della Simla, la Società italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni,

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e Gianfranco Iadecola, avvocato ed ex magistrato; per la Siaarti, Luigi Riccioni, Responsabile del Comitato Etico Siaarti, Marco Vergano, Coordinatore Gruppo di Studio “Bioetica”, Alberto Giannini, Consiglio regionale Siaarti Lombardia, Davide Mazzon, Consiglio regionale Siaarti Veneto, e Giuseppe Gristina – ex Segretario e delegato dalla Presidenza.

 “Prendiamo atto con riconoscenza dell’enorme e preziosissimo lavoro svolto, nell’emergenza Covid-19, da tutti i colleghi delle terapie intensive e, in particolare, dagli anestesisti-rianimatori – afferma il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli -. Un lavoro che ha salvato migliaia di vite e che è stato portato avanti in condizioni estreme e, in alcuni territori, in contesti propri della medicina delle catastrofi”.

Gli anestesisti-rianimatori hanno il delicatissimo compito di gestire una medicina ‘di frontiera’: tra la vita e la morte, tra la coscienza e la non coscienza, tra la guarigione e la cura dell’inguaribile – continua Anelli -. Mai come ora questi confini sono stati tanto labili, e ad essi si sono aggiunti altre e inedite frontiere: l’isolamento dei pazienti dai loro cari, l’impossibilità per familiari e amici di assistere i congiunti e di accompagnarli, se necessario, nel passaggio estremo. Eppure, i pazienti, i loro familiari non sono stati mai soli, perché i colleghi delle terapie intensive, medici specialisti e infermieri, si sono fatti tramite, ponte con le famiglie, permettendo una comunicazione costante e continua pur a distanza, su progressi e aggravamenti, facendosi carico, in molti casi, dell’ultimo saluto. Hanno manifestato nella sua pienezza il principio deontologico del tempo di comunicazione quale tempo di cura e hanno dimostrato, come la stessa Siaarti scrive nel suo ultimo position paper, che la cura è un atto relazionale anche in contesti di emergenza”.

I nostri operatori delle terapie intensive hanno pagato un prezzo altissimo: sono stati sottoposti a stress di diverso tipo, da quello da surmenage psico-fisico, con conseguente burnout, alla frustrazione dovuta al farsi carico, senza poterlo del tutto alleviare, dell’altrui dolore, con la ‘compassion fatigue’; dallo stress post-traumatico, per la paura di ammalarsi e di contagiare i propri familiari, al moral distress dovuto alla possibilità, in scenari di risorse limitati, di trovarsi di fronte a dilemmi etici che mettono a dura prova ogni medico – aggiunge ancora Anelli -. Alcuni di loro sono rimasti contagiati, si sono ammalati, hanno perso la vita nell’impari lotta contro il virus o contro la disperazione. Sono almeno otto gli anestesisti-rianimatori che compaiono nel nostro triste elenco dei medici caduti. Tre le infermiere che si sono suicidate: due di loro lavoravano nelle terapie intensive, una in pneumologia”.

A tutti i colleghi anestesisti e rianimatori va quindi il nostro grazie, insieme alla nostra vicinanza – conclude Anelli - A loro vogliamo dire quello che tante volte hanno dovuto e voluto far sentire ai pazienti e ai loro familiari: vogliamo assicurare che non sono soli, non lo sono mai stati, neppure di fronte alle scelte più difficili e indicibili. Sono parte integrante di quella comunità medica che si auto- impone regole deontologiche a sostegno di tali scelte. Perché anche la responsabilità più gravosa e penosa diventa più leggera se ne si condivide il carico, con la Professione nel suo insieme e, se necessario, con la società civile”.

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